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27 novembre, 2011

Le affinità elettive.




Li separa il tempo della vita, ma li unisce quello dell'arte. Certo è che se William B. Kaupe e Giulio Rusconi Clerici si fossero incontrati si sarebbero piaciuti e sarebbero andati molto d'accordo.
Nel 1895 il facoltoso viaggiatore americano di origine tedesca WilliamKaupe  approda – anche lui come tanti stranieri del tempo vittima delle malie da Grand Tour – sulle rive del Lago Maggiore. Ma la magia del lago può ancora di più, e Kaupe, stregato dalla bellezza di una villa distesa tra Pallanza e Intra ad abbracciare i silenzi dell'acqua, decide di fermarsi per sempre. Acquista l'edificio dall'inglese Armitage e incomincia una folle e sublime corsa per l'Italia alla ricerca dell'arte e della bellezza. Da ville e castelli abbandonati recupera elementi decorativi ormai quasi in rovina e li trasporta tutti nella sua nuova villa che chiama L'Eremitaggio, unendo l'onomatopea del nome del primo proprietario alla quiete di un luogo tanto lontano dai clamori del mondo.Nel 1939 morirà quì, tra le armonie eclettiche e postromantiche di un parco e di una casa che vivono una stretta simbiosi d'arte e bellezza. E qui per poco non conoscerà Giulio Rusconi Clerici, che solo sedici anni dopo acquisterà la proprietà, raccogliendo il testimone di un'altra avventura. Una vita, la sua, che al tempo del lavoro prima e a quello della pensione poi ha sempre rubato i momenti dell'arte. Quarant'anni nel consiglio dell'Accademia del Teatro Filodrammatici di Milano, quattro anni di presidenza, Giulio Rusconi Clerici getta oggi nei suoi 89 anni la passione e l'energia di nuovi progetti, fondando e dirigendo, nell'ambito dell'Accademia, un Centro culturale che coadiuvato da un Comitato internazionale di consoli e registi porterà sulla scena milanese le diverse culture del mondo: un viaggio, come quello di Kaupe, alla ricerca di cose belle e lontane. E un inno alla bellezza è il suo giardino, diecimila metri quadrati, di cui 500 affacciati sul lago, fatti di viottoli stretti e scoscesi che si rincorrono,s'intrecciano e si perdono dentro l'ombra di piante raccolte ancora nel disegno originario. Una bellezza che gli occhi faticano a seguire, continuamente distratti, metro dopo metro, da un nuovo scorcio, da una diversa e seducente prospettiva. La mente fotografa veloce per non perdersi neppure un attimo di piacere mentre segue il racconto di quell'ormai indissolubile armonia che stringe tra loro la vita antica degli alberi. Quarantotto anni di professione, Dante Invernizzi, consulente del parco e guida dei due giardinieri della villa, spiega infatti come nel tempo si sia creato un delicato sistema che lega la sopravvivenza di una pianta a quella dell'altra, strette nel loro destino come in quelle testarde radici che corrono e si attorcigliano ovunque per strappare alla roccia scoscesa un po' di acqua e di terra.
Così, tra le Chamaerops humilis continuano la loro vita secolare le due Jubea chilensis, la Feijoa sellowiana, la Colletia cruciata in via di estinzione, l'Eupatorium ligustrinum di cui sul lago esistono ormai soltanto tre esemplari, e i due grandi Pinus monte-zuma, anche loro gli unici rimasti nella zona. Ma ecco, ancora, il Dasyhrion, le camelie, dalla japonica all'oleifera, alla sasanqua, alla reticulata, un Tilia argentea precedente alla costruzione della casa, le gigantesche magnolie; e poi lo stupore degli aranci, dei limoni e delle agavi strappati al vento umido del lago, che qui concede una tregua passando fuori dalla conca, discreto e lontano. Assieme a loro, l'ondeggiare pacificante dell'acqua che il lago spinge dentro il parco attraverso i due porticcioli di pietra, seducenti avamposti dell'imponente darsena in granito di Baveno che si apre più avanti sotto la protezione vigile di un Ercole severo.
Tra statue sei e settecentesche, eleganti fregi in ferro battuto, il piccolo ninfeo a mosaico di pietra, le chiome arruffate delle piante, L'Eremitaggio sfugge a ogni classificazione, e a un solo principio sembra obbedire, quello che lega l'infinito capriccio dell'arte alla ricerca della bellezza. Sarà forse solo una coincidenza, forse la comunione d'intenti è soltanto un'utopia, ma qui la passione artistica di Kaupe ha trovato buona compagnia, oggi nella cultura del teatro di Giulio Rusconi Clerici, domani, forse, nei disegni sicuri e stupefacenti dell'undicenne nipote Francesco. E la storia continua, sotto lo sguardo complice di quelle statue secentesche della commedia dell'arte che, come divertiti folletti, sembrano cantare la storia di un destino.

Testo di - Elena Sozzi.

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