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31 ottobre, 2011

Il Balbianello




La Punta di Lavedo e il Dosso retrostante, una selva boscosa dall'aspetto selvaggio, quasi impervio, sono stati nell'Ottocento tra i soggetti preferiti di pittori e incisori. La ragione sta tutta nell'eccezionalità del paesaggio: un promontorio aspro che, scendendo verso il lago, conquista l'atmosfera elegante di un giardino di evocazione settecentesca. La magia sta appunto nel contrasto: infatti la mitezza del clima si oppone alla rudezza del terreno, permettendo la creazione di un giardino dove i grandi alberi, i rampicanti, le piante fiorite possono felicemente convivere con il bosco.


Un rifugio settecentesco
Del carattere esclusivo del luogo si era accorto il raffinato cardinale Angelo Maria Durini. L'aristocratico legato pontificio decise, alla fine del Settecento di acquistare la penisoletta per farne un personalissimo rifugio, dove ritirarsi con la sua corte a leggere e a studiare, fare teatro e anche dissertare di arte e letteratura. L'illustre personaggio che, alla fine della sua carriera diplomatica, aveva già acquistato, non lontano da lì, la famosa Villa Balbiano, battezzò quell'eremo speciale 1l Balbianello". A quel tempo vi erano solo i resti di una chiesetta francescana e di un convento affacciati sulla spettacolare vista del centro-lago. Il cardinale avviò subito imponenti lavori: l'edificazione di una villa a due corpi quadrati sovrapposti che inglobavano anche il convento, e la raffinata loggia bifronte, sede della stanza della musica e della biblioteca ma anche perfetta piattaforma per cogliere con un solo sguardo lo splendido paesaggio. Poi pensò al giardino: il clima, quasi mediterraneo, gli permise di progettarne uno aperto sull'acqua, completamente esposto alla vista di chi accede dal lago. La sorprendente passeggiata comincia, ancora oggi, proprio dall'imbarcadero: appena approdati, dopo un breve trasbordo in barca, inizia la scoperta di un giardino a balze che maschera la rudezza originale del pendio con un sinuoso sentiero, cadenzato da maestosi platani e antiche statue.

Uno stile tutto personale
 Siepi di bosso e lauro incorniciano i diversi terrazzamenti, mentre magnolie, lecci, cipressi costruiscono l'impalcatura di un giardino disegnato che, però, per ragioni geologiche, non è mai riuscito a conformarsi dentro il rigoroso stile "all'italiana" e neppure a sposare la studiata naturalezza di quello "all'inglese". Ne risulta perciò un luogo pieno di sorprese, capace di passare dalla selvaggia atmosfera del promontorio alla quieta geometria delle aiuole fiorite, dal sofisticato arabesco creato dal Ficus repens sulle pareti della loggia, alle romantiche scenografie autunnali. L'imponenza di un grande leccio si contrappone alla rarità di alcuni pini silvestri, le palme suggeriscono una moda ottocentesca. Grazie al suo microclima, le piante mediterranee, accese da colori e profumi, senza sforzo incontrano la bellezza poco appariscente delle specie montane. Mentre a primavera esplodono le fioriture di azalee e rododendri, in autunno le magiche colorazioni degli alberi e dei rampicanti, lo dipingono come nelle più famose vedute tipiche del lago di Como.

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