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08 novembre, 2010

Il poeta nella radura




Una capanna di sassi e tronchi sulla sponda di un lago, i Taxodium che riflettono i brillanti colori autunnali, alcune statue segnate dal tempo e tutt'attorno lo straordinario anfiteatro verde delle colline. La bellezza del parco di Villa Bertani a Novare, nel Veronese, è proprio nella semplicità della sua composizione che si apre al paesaggio intorno, secondo l'idea romantica di una simbiosi tra giardino e natura.

Il progetto del giardino fu realizzato tra la fine del '700 e i primi dell'800 quando in Italia, come nel resto d'Europa, si cominciava a preferire la suggestiva fluidità del paesaggio naturale alla statica formalità dei giardini geometrici. Poco lontano viveva Ippolito Pindemonte, poeta sensibile e attento estimatore delle bellezze naturali, che in quell'epoca frequentava il salotto letterario della proprietaria di allora, Elisabetta Mosconi, alla quale era legato da una profonda amicizia. Qui si discuteva quindi di poesia e letteratura, ma sicuramente si parlava anche di giardini e della nuova moda del giardino paesaggistico. Il poeta, che sosteneva la superiorità di una scena naturale rispetto a quella prodotta dalla mano di un giardiniere, molto probabilmente collaborò alla costruzione del parco creando un luogo di bellezza incontaminata che si dilata all'infinito nel paesaggio circostante.


All'interno dell'ampia tenuta non esistono confini netti tra lo spazio attorno alla villa e le colline coltivate a vigneti. Solo un filare di ippocastani separa le zone coltivate da quelle riservate allo svago e al passeggio. Sulle pendici del colle che si allunga nel parco c'è un vecchio roccolo, ovvero una siepe di querce, carpini e frassini, potati in modo da assumere la forma di candelabro, che racchiude al centro una capanna per l'uccellagione. Le piante del giardino sono le stesse che troviamo nel bosco, con un sottobosco fitto di tassi e pungitopo. Nell'800, quando subentrò la curiosità di sperimentare nuove piante, vennero messi a dimora Taxodium distichum e Ginkgo biloba dagli sgargianti colori autunnali. In quel periodo vennero anche piantati alcuni alberi di cedro – che ancora oggi spiccano tra la vegetazione del bosco – allo scopo di valorizzare alcune sorgenti che già in epoca romana fornivano acqua a Verona.

Testo di. Maria Giulia Da Sacco
Foto di - Maddalena Micheli

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