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28 giugno, 2010

Giardini:Magnifica ossessione.




Emozioni, ricordi, suggestioni. Pensieri fatti di nostalgie malinconiche, parole e affetti consumati nelle voci allegre del presente. Nei silenzi dei giardini si rincorrono, si confondono, uniscono i loro incerti profili quasi a voler afferrare il significato della vita e del tempo.
Nell'intreccio confuso del turbamento cercano risposte, ma il tempo, beffardo, gioca, sconvolgendo progetti e destini.Così le cose cambiano,anche se spesso portano con sè il ricordo di quello che sono state.Villa Restellini, a Verbania, sul Lago Maggiore, di vite ne ha avute tante, diverse. Dalla nascita, nel 1840, quale semplice rustico strappato alla campagna del colle della Castagnola, alle raffinate passioni botaniche di un americano di origini tedesche innamorato, come tanti stranieri a fine Ottocento, del Lago Maggiore. Fino a quella più recente, che nel 1943 la destina alla famiglia degli attuali proprietari.Così, i quindicimila metri quadrati di terreno adibiti a orto e frutteto di una vicina dimora nobiliare trovano una vita nuova, e le romantiche suggestioni lacustri cedono il passo alla modernità. L'architetto Alessandro Minali riprogetta tutto l'impianto della zona, e lo fa nel segno di un gusto nuovo, di un eclettismo creativo che al paesaggismo del giardino all'inglese unisce il rigore geometrico di forme scultoree plasmate nel verde. Usa gli alberi come architetture, quinte teatrali disseminate a disegnare, nell'orizzonte di prati perfettamente rasati, insolite prospettive scenografiche, che si rincorrono tra potature cilindriche e infinite gradazioni di verde: chiaro, scuro, argento.Il giardino entra a far parte della vita quotidiana, e poiché alle languide passeggiate di fine Ottocento si preferisce la modernità di una nuotata in piscina, eccone una, semplice e discreta, quasi a forma di laghetto. Le sue anse si perdono tra cespugli fioriti, mentre il rigore del campo da tennis è mascherato dal romanticismo di un pergolato di rose che lo affianca in tutta la sua lunghezza.Restano al oro posto alberi secolari,come la "sequoia willingtoniana",il Cedrus atlantica pendula, la gigantesca Cryptomeria japonica globosa, invidia dei giardini del Lago Maggiore. Altri ancora se ne aggiungono, dai Fagus rubra, tricolor e asplenifolia agli Acer palmatum, ai Liquidambar; ma a caratterizzare il parco sono soprattutto i colori intensi e quasi sfacciati, nella loro caleidoscopica varietà, dei cespugli di azalee e rododendri sparsi ovunque. Un'allegria tumultuosa, travolgente, che ben si accompagna agli eccessi di un'altra abbondanza, quella delle curatissime bordure fiorite rinnovate sia in primavera sia in estate, con specie sempre diverse, dai tre giardinieri che si occupano del parco. I cromatismi accesi delle azalee, il tripudio dei fiori disseminati in ogni angolo del giardino, i giochi rossi e gialli degli aceri, l'intenso profumo dell'Osmanthus fragrans confondono i sensi dentro uno stordimento suggestivo. Una scenografia d'effetto, che ha trasformato il languido paesaggio lacustre in una moderna tela d'autore. Ma senza dimenticare. Nel punto più alto del parco, nascosto tra un precipizio di rocce scoscesesi apre un piccolo romantico belvedere.Coperto da un pergolato di rose,è l'omaggio del giardino a quell'ottocento che un secolo prima lo aveva visto faticosamente nascere.

Elena Sozzi

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